I tre grandi della letteratura medievale italiana, la cui opera costituisce per buona parte, come è noto, il programma curricolare della disciplina nel terzo anno della scuola superiore, si affrontano di consueto e a giusta ragione in una prospettiva di studio che ne fa risaltare le linee di continuità e rottura sia interne, cioè relative all’evoluzione ‘ideologica’e letteraria che attraversa Dante Petrarca e Boccaccio, sia esterne in considerazione del ruolo di snodo cruciale che l’età di mezzo con i suoi tre grandi autori rappresenta nel passaggio dalla cultura classica e tardo-antica all’età moderna.
Giunti a un buon punto di osservazione e studio di queste linee evolutive (la grande eredità della cultura classica rielaborata nella prospettiva cristiana della Commedia, la svolta laica e pre-umanistica delle produzioni letterarie del Canzoniere e del Decameron), è parso opportuno tirare le fila di un discorso che fissasse alcuni punti riferimento, anche a rischio di qualche riduttivo schematismo (tutto sommato accettabile nella dimensione scolastica): la recezione di un ‘topos’ come quello del ‘locus amoenus’, e del suo necessario addentellato: il ‘locus horridus’, nei tre grandi del Medio Evo e la particolare rielaborazione che, a partire dalla sua originaria configurazione greco-romana, esso subisce, obbedendo alle finalità proprie di ciascun autore, offriva il destro per una simile azione didattica riepilogativa.
La scelta poi di aderire alla proposta della narrazione multimediale del progetto ‘Policultura’ è stata dettata dall’esigenza di coinvolgere gli alunni in una attività che li vedesse artefici diretti nella realizzazione e produzione di un’’opera’, e per la quale fossero spinti anche da uno spirito di competizione, questo a dire il vero motivante non in maniera assoluta, se è vero che mentre scriviamo queste righe, il rispetto della scadenza di consegna valida per la partecipazione alla gara non è del tutto certo. In ogni caso le sessioni di lavoro in aula multimediale, le ricerche svolte a casa, le discussioni, gli scambi di valutazione hanno segnato un momento formativo importante: si è potuto capire, in un piccolo e tutto sommato modesto ambito applicativo e in modalità che fossero ad un tempo più familiari e accattivanti per gli appartenenti alla generazione dei nativi digitali, la dimensione storico-evolutiva della letteratura, e anche l’aspetto creativo, di ricerca e composizione, che lo studio anche nella scuola media può e dovrebbe assumere. Il lavoro di gruppo non ha impedito che emergessero talenti individuali, sia sul piano tecnico-digitale, sia su quello espressivo-artistico.
Per altro aspetto la permanenza di Petrarca e Boccaccio a Napoli e nei Campi Flegrei, fonte di ispirazione per le loro opere, consentiva di trovare un punto di raccordo per sensibilizzare gli alunni alla storia secolare del proprio territorio e anche qui, ma solo in maniera per dir così implicita e per immagini (ma perché non pensare ad un’iniziativa specifica in futuro!), facendo emergere la memoria dell’antico attraverso le visioni e le rappresentazioni che i viaggiatori europei ne vollero dare nel corso dei secoli. La lunga storia dei Campi Flegrei, scenario di ‘loci amoeni e horridi’ per gli antichi, ammirato e visitato dai due autori medievali che ne subirono il fascino celebrato da quegli stessi poeti ai quali si nutrirono per comporre le loro opere, rivive nella miriade di immagini del Grand Tour che intellettuali, scrittori, artisti provenienti da tutta Europa produssero nei luoghi flegrei delle testimonianze monumentali della civiltà greco-romana.
Che poi questa esperienza servi a rafforzare la consapevolezza nei giovani della ricchezza e delle risorse che il loro territorio conserva, sì che in futuro sappiano salvarlo dal degrado e farne buon uso, è una speranza alla quale non si può rinunciare. Ma questo è un altro discorso.