Nella Bibbia, al di là delle convinzioni religiose di ciascuno, ritroviamo una parte delle nostre radici culturali e umane.
Il poeta inglese William Blake chiamava la Bibbia “Il grande codice” della cultura occidentale.
Erich Auerbach, filologo e critico, come già Leopardi ("i due gran fonti dello scrivere"), affermava che la Bibbia e l’Odissea sono due modelli fondamentali per tutta la cultura occidentale.
La Bibbia è, anche, un libro assente, quasi completamente ignorato o conosciuto solo superficialmente.
«Le Sacre Scritture sono l’universo entro cui la letteratura e l’arte occidentale hanno operato fino al XVIII secolo e stanno ancora in larga misura operando». Questa affermazione del noto saggio Il grande codice di Northrop Frye (1981) sul rapporto tra Bibbia e letteratura registra un dato di fatto facilmente accessibile a chi perlustri la storia culturale dell’Occidente: per secoli, infatti, la Bibbia è stata l’immenso lessico o repertorio iconografico, ideologico e letterario cui si è attinto costantemente a livello colto e a livello popolare.
Non ugualmente scontato è l’incontro diretto con la Bibbia.
Il timore, fondato, e che in un futuro non lontano potrebbero non essere più comprese alcune espressioni artistiche o alcuni modi di dire, proprio perché non si conosce la loro radice biblica.
Esempi concreti:
- Nella sala di un museo come interpretare una Madonna con bambino?
- E l’espressione: “non fare il suo Aronne”?
Basta questo per motivare e giustificare lo studio della Bibbia nella scuola.
Cfr. <La Bibbia, il "Grande Codice"> nel libro di testo "Il cielo è qui", vol I, EMI.
P.S.
Questo lavoro risulta incompleto perchè mancano molte delle storie del popolo d'Israele che sono tramandate nel Primo Testamento, ma abbiamo dovuto fare delle scelte non potendo parlare di tutti i personaggi. Inoltre manca tutto il Secondo o Nuovo Testamento, ma abbiamo pensato che potremo dedicare parte del prossimo anno per dare completezza al nostro percorso.