Si quis in caelum ascendisset naturamque mundi et pulchritudinem siderum perspexisset, insuavem illam admirationem ei fore; quae iucundissima fuisset, si aliquem, cui narraret, habuisset. (Cicerone)
Abbiamo perso le tracce delle prime forme di comunicazione dell’uomo. Molti sostengono che l’essere umano fosse telepatico e che, in seguito, impadronendosi di quello che sarebbe diventato un apparato fonatorio “particolare” tra gli esseri viventi, abbia lentamente perso questa capacità ora tanto invidiata e ricercata da molti. Probabilmente nel tempo gli uomini hanno stabilito segnali convenzionali e gesti che accompagnassero le prime forme di linguaggio. Se oggi le forme e gli strumenti di comunicazione si sono modificate e moltiplicate, resta invariata l’esigenza principale: comunicare all’esterno di sé e condividere con altri i propri stati d’animo, le proprie paure, i propri desideri. Perché, come afferma Cicerone nel trattato De amicitia,: "Se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell'universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno cui raccontarla".