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Ricordi in bianco e nero

28 Dicembre 1908:Quando tutto tace..

E’ trascorso un secolo da quel giorno che ha segnato la nostra terra,lasciando crudi e indelebili ricordi. Il terremoto del 1908 ha mutato l'identità degli abitanti reggini. Quest’anno ricorre il centenario del terremoto, ma, non sembra che la cultura e la politica diano la degna importanza ad un tale avvenimento; per cui, il nostro intento è quello di non far dimenticare ciò che ieri è accaduto nella “nostra terra”.


Cosa succede quando senti i tuoi piedi tremare? Quali sono i meccanismi ancestrali e istintivi che scattano nella tua mente quando realizzi che ovunque cerchi di scappare, sei comunque in pericolo? Lo puoi domandare a chiunque, ai sopravvissuti di tanti terremoti, ma, nessuno sa rispondere. E’ un momento che lascia senza parole. E’ la natura. La natura che vince su di te e che mostra la sua forza e la tua debolezza. A Reggio Calabria e a Messina il 28 dicembre 1908 in molti credettero fosse arrivata la fine del mondo.
Le cronache dell'epoca antecedenti al disastro ci descrivono una città che aveva appena festeggiato il Natale. Per le strade, carretti di caldarroste e carrube accompagnavano l'organetto a mano di un saltimbanco che allietava i passanti. Il freddo era pungente, sui colli aveva fatto la comparsa la neve. I reggini si affrettavano a fare gli ultimi acquisti per l'imminente capodanno,in un clima di gioia frammisto di profumi di arance,castagne e frutta candita. Al mercato si stava contrattando l'acquisto di un pezzo di manzo o di un cappone. Per le strade, i ragazzini giocavano a rimpiattino. Reggio Calabria aveva inaugurato il modernissimo impianto di illuminazione elettrica. Il 27 Dicembre Messina e Reggio Calabria si addormentarono, così, in un clima sereno; ma, alle 5,21 del giorno successivo quella che in molti credettero essere l'ira di Dio si abbatté senza alcuna misericordia al largo delle coste siciliane: un terremoto di magnitudo fino ad allora inconcepibile esplose sul fondo del mare nello stretto di Messina. La scarsa profondità delle acque e l'esiguo spazio esistente in quel punto non fecero altro che amplificarne la devastante potenza distruttrice che si riversò implacabile sull'uno e sull'altro versante. Il maremoto,con onde alte come un palazzo di sei piani,spazzò via dalle coste e dall'entroterra ogni cosa. Perché questi fatti non succedono mai di giorno, ci avete mai fatto caso? I più grandi disastri capitano sempre di notte: Friuli, Irpinia, il Vajont, l'esondazione del Po e dell'Arno. Capitano sempre quando l'essere umano è più indifeso;cioè, quando sta dormendo. La sensazione di essere diventati il nulla pervase l'animo dei sopravvissuti. Sono passati 100 anni, abbiamo il dovere di ricordare questi avvenimenti per non perdere la consapevolezza che, di fronte alla natura, tutti noi, con la nostra presunzione e la nostra superbia, siamo come delle vittime:nulla.